Dietro le quinte
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Game over: dietro le quinte

Gli sceneggiatori Enrico Lotti e Alessandro Mainardi ci raccontano alcune curiosità sull'inedito di settembre 2025

Data la natura dell’articolo, è necessario che abbiate letto prima l'albo perché non solo certe informazioni si apprezzano solo conoscendo la trama in questione ma, soprattutto, la lettura di questo testo potrebbe rovinarvi i colpi di scena presenti. Quindi se ancora non lo avete letto ma avete intenzione di farlo, NON PROSEGUITE OLTRE LA LETTURA.

 

IDEE CHIARE – Di solito iniziamo questa rubrica parlando del, a volte bizzarro, titolo di lavorazione, raccontando di come sia poi cambiato ed evoluto insieme alla storia. Questa volta, iniziamo parlando del titolo di lavorazione che… non è cambiato. Game Over è stato, infatti, il primo titolo pensato e utilizzato durante la rifinitura del soggetto e la stesura della sceneggiatura: non capita spesso, ma man mano che la storia prendeva corpo, tutte le scene venivano concluse e incasellate, il titolo acquisiva sempre più forza, si cuciva perfettamente allo sviluppo, e quindi è rimasto tale. Meglio così! Altrimenti come avremmo potuto intitolarlo? Che cosa sarebbe potuto venire in mente a gente della nostra generazione? Insert Coin? Ready Player One ce lo avevano già preso…

 

ALL’INIZIO FU… L’INIZIO – Non sempre la prima scena di una storia è la prima a essere scritta e meno ancora la prima a essere concepita. Per Game Over, invece, la scena iniziale è stata proprio l’inizio di tutto (e tutto è partito da Mario Gomboli).

L’albo, come ormai sapete, comincia con un drammatico inseguimento di Diabolik da parte della polizia, che termina con lo schianto della leggendaria Jaguar nera. In realtà quella era la sequenza di un videogioco, ispirato alle imprese del nostro antieroe preferito; e, alla fine della scena, si scopre che a giocare era Eva. Questo attacco è stato anche lo spunto iniziale del soggetto. In prima battuta era stato pensato (e scritto in dettaglio) da Mario come possibile idea per una storia breve, di quelle che vengono ospitate in albetti d’occasione. Ma poi, ragionandoci sopra, si è reso conto che la scena poteva benissimo essere “promossa” a incipit di un albo della serie regolare che, in qualche modo, avesse come sfondo il mondo dei videogiochi. In seguito sono arrivate l’idea del colpo, la natura del bottino, la scelta di introdurre un terzo incomodo le cui confuse azioni si incrociassero con i piani di Diabolik, intralciandoli, insomma, il soggetto completo; ma tutto è partito da quella suggestione iniziale.

 

IL MANCATO INCENDIARIO – Approfittando di una rarissima trasferta di Carlo e Gioia, i “cattivi” (e il bersaglio) della storia, Diabolik si introduce nottetempo nella loro villa, per mettere la mano sulla loro collezione di orologi preziosi. Ma il giovane Marco fa la stessa cosa, anche se con intenti diversi, e senza volerlo fa saltare il colpo di Diabolik. All’inizio, si era pensato che Marco volesse dare fuoco alla villa, per vendetta. La scena sarebbe stata suggestiva, e forse avrebbe messo anche in seria difficoltà il nostro eroe. Ma ben presto ci siamo accorti che era una scelta improponibile: l’intento era di dare vita a un personaggio che potesse risultare simpatico ai lettori - e in ultima istanza anche a Diabolik ed Eva. Marco viene tratteggiato come un nerd, molto bravo nel suo lavoro, appassionato, ma anche goffo e un po’ impacciato in ogni altro aspetto della vita reale. Fare di lui un incendiario avrebbe snaturato il personaggio. Senza contare che sarebbe stato alquanto improbabile che Diabolik potesse provare simpatia nei confronti di qualcuno che era stato sul punto - anche se non intenzionalmente - di arrostirlo. Niente incendio, quindi, ma un disperato tentativo di recuperare dati che stavano molto a cuore a Marco.

 

L’ABITO FA IL MONACO – Fin dalla sua prima apparizione nello studio dell’avvocato, Marco indossa una particolare maglietta. È stata una bella, suvvia… molto bella!, idea (concediamo gli onori quando è un pensiero così profondo, e poi non si dica che gli sceneggiatori sono insensibili burocrati con un pessimo carattere) di Giuseppe Di Bernardo, il disegnatore della storia principale. Ha proposto questa soluzione fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto, quando ci ha mostrato gli studi del personaggio di Marco, studi che potete ammirare in questo stesso post, e sia noi sia Andrea Pasini abbiamo accolto con un sorriso divertito e convinto l’intuizione. Questo dettaglio costruiva ancor meglio il personaggio che volevamo Marco fosse e che Giuseppe ha compreso al volo.

Allora, avete colto il riferimento presente sulla maglietta? Voi avete la risposta alla domanda? Non possiamo però aspettare sette milioni e mezzo di anni…