Data la natura dell’articolo, è necessario che abbiate letto prima l'albo perché non solo certe informazioni si apprezzano solo conoscendo la trama in questione ma, soprattutto, la lettura di questo testo potrebbe rovinarvi i colpi di scena presenti. Quindi se ancora non lo avete letto ma avete intenzione di farlo, NON PROSEGUITE OLTRE LA LETTURA.
CHI BEN COMINCIA… – “La donna che visse due volte” è il titolo di lavorazione di questa storia, nata da una traccia, ben articolata, di Angelo Palmas. Una traccia in cui gli elementi principali della trama erano già tutti presenti. Una trama che ci è piaciuta da subito perché ci avrebbe permesso di affrontare un tema che molto di rado si è visto nella serie (il sovrannaturale) per di più in una declinazione inedita per Diabolik (la reincarnazione) ma in cui, alla fine, tutto si sarebbe risolto con assoluta razionalità, come si addice a un’avventura del Re del Terrore.
Un altro elemento che ci ha subito convinto sono state le figure di Aurora e Rodolfo, due comprimari (ma in realtà protagonisti) sfaccettati e delicati da trattare che in fase di sceneggiatura si sarebbero dovuti delineare con cura e attenzione per farli risultare credibili agli occhi del lettore che doveva anche affezionarsi a loro.
QUANTE ROTELLE LE MANCANO? – Aurora è l’indiscusso motore della storia, ma, inizialmente, anche tra noi ci sono stati scambi di opinioni per capire se fosse davvero matt… cioè convinta di essere una reincarnazione, oppure una fredda truffatrice.
Non ci abbiamo messo tanto, e tutti abbiamo convenuto che fosse un personaggio più interessante con qualche rotella fuori posto (e lo diciamo con tutto l’affetto possibile). Ma quanto “caricare” la sua follia, questo sì è stato materia di discussione.
Perché il personaggio funzionasse, Aurora doveva sempre mantenere la calma, non avere comportamenti fuori dal comune e possedere un eloquio normale; si è discusso dei suoi abiti e inizialmente si pensava di presentarla a Rodolfo e al lettore con indosso vesti di foggia ottocentesca, ma poi si è deciso di connotarla come una persona, esteriormente, del tutto normale che solo i veri “intenditori”, come Rodolfo e la sua cerchia di amici, potessero davvero comprendere. E così è stato!
Soprattutto le battute di Aurora sono state calibrate, scritte e riscritte, perché fossero leggibili sia da coloro che hanno creduto alla sua storia (lettori compresi), sia da chi invece ha nutrito fino all’ultimo un legittimo sospetto (gli altri lettori compresi).
E ricordiamo che perfino Diabolik, a un certo punto, quando parla di lei con Eva ammette che all’inizio pensava fosse una truffatrice.
LA MESSINSCENA – Va bene essere “creduloni” (e anche qui lo diciamo con tutto l’affetto possibile), ma non potevamo pensare che Rodolfo e i suoi amici si ricredessero su Aurora senza prove concrete. Il primo trucco diaboliko è focalizzato su Rodolfo, e quindi fa subito centro, ma era necessario un secondo trucco che coinvolgesse anche i suoi amici, testimoni esterni che avrebbero confermato a Rodolfo la veridicità dei suoi sospetti… o meglio del suo timore di aver combinato un guaio con Aurora.
La prima idea è stata quella di far ricostruire dai nostri un castello nella proprietà di Rodolfo, quasi un set cinematografico con alcune comparse che avrebbe fatto tornare i personaggi nell’Ottocento. Idea bella ma troppo complessa da mettere in pratica anche per i nostri: come facevano a ricostruire in così breve tempo un, seppur fittizio, edificio di quelle dimensioni? E le comparse… chi erano?
L’idea è stata quindi parzialmente ricalibrata: ok farli tornare nell’Ottocento, ma con un viaggio nel tempo più misurato. Ecco allora l’idea del più piccolo capanno per la caccia, più facilmente “restaurabile” con teloni su cui proiettare le immagini giuste. Da questa scena è nata, a ritroso, quella nell’Ottocento con la vera Aurora: il capanno per la caccia doveva essere presentato al lettore prima del trucco, per non saltar fuori come un coniglio dal cilindro, ed è stato utile anche per delineare il carattere forte della vera Aurora, che rivaleggia in più di una situazione con gli uomini del suo tempo.
COLLANA O NON COLLANA? – Il finale della storia è stato in un certo senso sofferto. C’erano diversi pezzi del puzzle da mettere insieme, in maniera non contraddittoria, e ogni soluzione aveva i suoi pro e contro. La collana, per esempio: dal figlio viene rubata tout court, o sostituita con un falso? Si è optato presto per la sostituzione con un falso, ma questa scelta comportava nuove domande: quand’è che Eva si accorge della sostituzione? Prima, durante o dopo la cerimonia nuziale? Una domanda non banale, non solo perché avrebbe modificato la catena degli eventi successivi, ma perché richiedeva anche di capire quale fosse l’atteggiamento di Diabolik ed Eva nei confronti di Aurora.
Nelle prime stesure del soggetto, Aurora era soltanto un “target”, un obiettivo del colpo. Anzi, per qualche momento si era pensato persino che i nostri la manipolassero per i loro scopi: opzione subito scartata. All’inizio, come detto, Diabolik sospetta che Aurora sia in malafede, e che intenda raggirare l’anziano e originale Rodolfo. Col passare del tempo, però, Eva e Diabolik si rendono conto che la donna è in buona fede (e non del tutto lucida, ora diciamo così); scatta così un senso di empatia e di protezione da parte di Eva, che da quale momento pensa sì al colpo, ma si preoccupa anche della sorte della povera Aurora…
AAA CATTIVO CERCASI – Sin dall’inizio il soggetto verteva oltre che sulla figura di Aurora, la donna del quadro, anche sulla sua collana. Ma ci siamo presto accorti che avevamo bisogno anche di un altro personaggio: un vero e proprio antagonista, un “cattivo”, qualcuno che ostacolasse i piani dei Nostri. Non poteva essere Aurora, naturalmente. Abbiamo preso in considerazione la candidatura del maggiordomo ma alla fine abbiamo puntato tutto su Edoardo, il figlio, dotato di tutte quelle connotazioni negative e di motivazioni personali che lo avrebbero portato inevitabilmente in rotta di collisione con Aurora e quindi, di riflesso, con i Nostri.
A ME GLI OCCHI! – Nei primi tempi della serie, prima dell’uso di pentothal e scopolamina, Diabolik è stato un ottimo ipnotista, col tempo però ha preferito passare a sistemi chimici, più spicci ed efficaci. Ne parla anche Andrea Carlo Cappi nell’articolo di apertura del Grande Diabolik “La spada di Damocle” di imminente uscita in edicola, la cui storia principale parecchio ha a che fare con l’ipnotismo. È stato un caso del tutto fortuito che proprio nel finale della nostra storia, pubblicata lo stesso mese del GDK, Diabolik abbia avuto la necessità di ricorrere a questa pratica che, ai giorni nostri, non usava da moltissimo tempo (il Grande Diabolik estivo dello scorso anno, remake del secondo numero della serie, non conta perché lì Diabolik usa l’ipnosi solo nella parte al passato).