Dietro le quinte
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L'idolo della foresta: Dietro le quinte

Gli sceneggiatori dell'inedito attualmente in edicola ci raccontano alcuni retroscena sulla sua lavorazione

Data la natura dell’articolo, è necessario che abbiate letto prima l'albo perché non solo certe informazioni si apprezzano solo conoscendo la trama in questione ma, soprattutto, la lettura di questo testo vi rovinerebbe i colpi di scena presenti. Quindi se ancora non lo avete letto ma avete intenzione di farlo, NON PROSEGUITE OLTRE LA LETTURA.

UN DEGNO AVVERSARIO – In questa avventura, l’antagonista principale è un killer professionista che mette davvero in difficoltà i nostri, ma l’idea sulla quale si basa la storia è che loro NON erano i suoi veri obiettivi. Per questo motivo, Daniele Cruger è stato un personaggio molto interessante da costruire: non aveva alcun conto in sospeso con Diabolik né con Eva, ma doveva risultare credibile per riuscire a sfruttare la situazione in cui si è involontariamente ritrovato. A un certo punto, una volta liberatosi, potrebbe anche fuggire dal rifugio, ma la sua “etica professionale” gli impone di trovare subito un altro modo per portare a termine il lavoro per il quale era stato ingaggiato… dando il via a una serie di eventi che si risolverà in un finale a dir poco “malconcio” per i nostri. Daniele ha un piano, le abilità e le attrezzature per cambiarlo in corsa e il sangue freddo per adeguarsi agli imprevisti. Insomma, ce ne fossero di più come lui.

E GLI ALTRI? – Come sempre accade, i personaggi sono legati tra di loro e non è possibile abbinare un bel personaggio (in questo caso, appunto, il killer) ad altri monodimensionali e poco interessanti. Quindi, avendo come punto di partenza Daniele il killer, anche i suoi committenti e il suo obiettivo dovevano essere all’altezza: se viene scomodato uno così, la posta in gioco deve essere alta, chi paga per il suo ingaggio deve essere molto motivato e chi deve venir ucciso deve essere ben protetto.

Un’altra caratteristica, che ha quindi reso questa sceneggiatura molto stimolante da scrivere, è che, in realtà, non ci sono “buoni e cattivi”. Diabolik ed Eva si ritrovano in mezzo a una guerra tra due fazioni disposte a tutto pur di primeggiare, ma nessuna delle due doveva riscontrare le simpatie dei lettori. Nemmeno noi potevamo parteggiare per l’una o per l’altra, ma abbiamo dovuto plasmarle in modo che l’odio reciproco alimentasse la tensione della storia. E a questo si ricollega perciò anche l’etica professionale del killer citata prima: non ci sono mezze misure, né possibilità di rimandare la questione. La cosa va risolta, ora!

Poi, a causa dell’intervento dei nostri, non sarà ora… ma poco dopo…

I COLPI DI FORTUNA – Nel mondo di Diabolik i colpi di fortuna esistono solo… per gli altri.

Nel lavoro di scrittura (lo ammettiamo!), spesso siamo tentati di voler risolvere una situazione intricata per i nostri sfruttando un caso fortuito che li avvantaggia.

No! Non si può!

A Clerville la fortuna non aiuta gli audaci, ma solo gli avversari di Diabolik (che, in realtà, forse un po’ audaci in verità lo sono). In queste pagine si è voluto persino esagerare perché le sf…ortune per i nostri sono molteplici: innanzitutto, rubano una cassa con dentro un uomo che si rivela essere un killer senza scrupoli (avrebbe potuto essere un semplice informatore, un nerd informatico…), ma soprattutto, nella scena finale, questo killer riesce a cogliere di sorpresa Eva perché la vede, appunto per un colpo di fortuna, riflessa in uno specchio.

Ah, e per non farci mancare nulla (ricollegandoci alla credibilità di cui abbiamo dovuto dotare il personaggio), questo killer non era nemmeno di Clerville né dei suoi dintorni, cosicché i nostri non potessero riconoscerlo.

LA SCENA FINALE – Il killer Daniele è in gamba (eufemismo riassuntivo per tutto quanto detto sopra), però non può esserlo più dei nostri. Lui stesso si rende conto di essere riuscito a sopraffare Diabolik solamente perché in precedenza era riuscito a coglierlo di sorpresa alle spalle, altrimenti, in uno scontro vis-à-vis ad armi pari, non sarebbe risultato facilmente vincitore.

Siamo dunque arrivati alla scena finale, con Daniele in vantaggio, e si è dibattuto su che cosa Diabolik potesse lanciargli contro per distrarlo. Come prima idea si è pensato a un classico pugnale, ma un lancio sbagliato di un pugnale probabilmente sarebbe stato inaccettabile per molti lettori, che avrebbero obiettato: “anche se menomato, se Diabolik ha a portata di mano un suo pugnale e lo lancia, comunque qualche serio danno lo fa!”.

Quindi serviva qualcosa d’altro, il cui lancio potesse risultare adeguatamente sbagliato senza far storcere il naso a nessuno. Ed ecco la chiave inglese, la stessa che il killer aveva usato all’inizio per stordire Diabolik, che poteva rappresentare una sorta di equo contrappassoe che risultava meno temibile di un letale pugnale diaboliko, sottolineando così la condizione di difficoltà e di inferiorità nella quale il nostro era costretto a battersi. In realtà, serviva solo per fornire a Eva la vera arma per uccidere Daniele, ma nella concitazione del momento svolge perfettamente la propria doppia funzione distraente: sia per il lettore, sia per il killer.

A MANI VUOTE – Questa storia possiede un’altra qualità che la rende diversa dalla maggior parte delle altre: il bottino non esiste!

O meglio, esisteva in passato, si suppone esista ancora ed esisterà finché qualcuno lo cercherà… però non è mai stato realmente a portata di mano di Diabolik né delle due fazioni che lo vogliono.

Noi, però, abbiamo dovuto studiare lo stesso di cosa si trattasse, dargli una forma e renderlo concreto. Speriamo vi sia piaciuto! E chissà se lo rivedremo in futuro…

SEGNI PARTICOLARI: PARANOICO – Michele Grant è il motore inconsapevole della storia: spietato boss della malavita di Clerville, è ossessionato dalla ricerca dell’Idolo della Foresta, che è anche un obiettivo di Diabolik, e fa rapire un archeologo che potrebbe svolgere un ruolo importante nella ricerca del prezioso reperto. Ma Grant è anche nel mirino di una cosca criminale orientale, la triade di Yichan, che mette a punto un elaborato piano per eliminarlo. Un piano che finirà per incrociare la strada dei nostri...

Grant non è stato un personaggio facile da gestire neppure per noi. Duro, violento, non si fida di nessuno, neppure dei suoi sottoposti, e utilizza misure di sicurezza straordinarie, al limite della paranoia. Questo perché un “qualsiasi” capo della malavita sarebbe stato vulnerabile in mille modi più diretti e semplici da parte della Triade di Yichan. Ma bisognava evitare il rischio di farlo sembrare una caricatura, oppure un matto.

Uno scoglio è stato: perché Grant non fa interrogare il prigioniero dai propri uomini, ma chiede che gli venga “spedito” a domicilio, per interrogarlo da solo? Perché non si fida di nessuno, neppure della sua vice. Ed è proprio su questo che punta la Triade, quando organizza il suo piano per ucciderlo. E il finalino ci lascia in sospeso. Chissà, il piano alla fine forse potrebbe riuscire, con un altro interprete…